Sono sempre stata mossa da un genuino interesse nei confronti degli altri.
I racconti sulle esperienze di vita, sulle paure che paralizzano, sui momenti di fragilità così come sull’audacia per ripartire dopo una fase difficile, hanno catturato la mia attenzione sin da quando ero piccola.
Ne è derivato un atteggiamento nel mio modo di relazionarmi agli altri che è sempre stato improntato alla condivisione e alla partecipazione emotiva, facilitandomi nell’abbattere la barriera della superficialità che in genere caratterizza la maggior parte degli scambi comunicativi.
Iscrivermi alla facoltà di Psicologia è stato un modo per assecondare la mia naturale inclinazione verso il vissuto emotivo delle persone.
In seguito, la scuola di Psicoterapia ha contribuito ad arricchire questa predisposizione con conoscenze teoriche e competenze pratiche che, oggi, mi permettono di stare al fianco della sofferenza delle persone con strumenti specialistici finalizzati ad alleviare il dolore, il senso di fallimento personale e l’atteggiamento di sfiducia verso il futuro che spesso caratterizzano i nostri momenti più difficili.
Considero la psicoterapia come un cammino che il terapeuta e la persona che gli si affida percorrono mano nella mano. In proposito, mi piace utilizzare la seguente metafora: “è come se paziente e terapeuta si trovassero alla guida di un auto, il primo al posto del guidatore, l’altro seduto nel sedile accanto. Il terapeuta indicherà al paziente la strada da percorrere e lo sosterrà lungo il tragitto con i suoi consigli e incoraggiamenti, al paziente, invece, spetterà la guida del veicolo. Sarà il paziente, infatti, ad assumere un ruolo prioritario nelle decisioni relative al momento in cui partire, alla velocità con la quale procedere, alle fasi in cui fermarsi a sostare per riflettere e a quelle in cui tornare indietro per consolidare le acquisizioni raggiunte. Guidando lungo strade che talvolta si presentano come tortuose e sconnesse, per giungere a destinazione il paziente si avvarrà dell’aiuto del suo terapeuta che, a sua volta, considererà il suo paziente come una bussola fondamentale e necessaria per orientarsi nel cammino”.