La psicoterapia cognitivo-comportamentale è un approccio terapeutico che viene definito breve. I primi miglioramenti, infatti, sono in genere visibili già dopo i primi sei mesi di trattamento, mentre per i casi più complessi, come accade per esempio per i disturbi di personalità, un cambiamento significativo è raggiungibile in un arco di tempo di circa due anni.
La rapidità del trattamento è una diretta conseguenza dell’obiettivo e del metodo d’intervento utilizzato da questo tipo d’approccio. Sebbene, infatti, anche per i terapeuti cognitivo-comportamentali le esperienze infantili precoci, la relazione d’attaccamento con i genitori e, più in generale, l’intera storia di vita dei pazienti siano fondamentali, il trattamento è prevalentemente concentrato sul problema, o sul vero e proprio disturbo psicologico, che la persona presenta nella sua vita attuale. L’obiettivo, in particolare, è quello di conoscere le modalità e i contesti in cui si manifesta la difficoltà del paziente cercando di individuare, e successivamente correggere, i fattori che mantengono attivo il problema.
In ciascuna situazione di disagio emotivo, infatti, è possibile riconoscere tutta una serie di fattori di natura cognitiva e comportamentale (da cui l’aggettivo che definisce questo tipo di approccio terapeutico) che concorrono nel mantenere in vita il problema, bloccando la persona in un circolo vizioso dal quale ha l’impressione sia impossibile uscire.
I fattori di mantenimento cognitivo consistono in pensieri e convinzioni che la persona possiede su di sé, sugli altri e sul mondo e che producono emozioni e comportamenti negativi. Così, solo per fare un esempio, l’idea di essere una persona inadeguata e inferiore agli altri potrebbe costituire un fattore di mantenimento cognitivo di un Disturbo d’Ansia Sociale, ovvero della paura intensa e marcata relativa a situazioni in cui la persona teme di essere giudicata negativamente.
I fattori di mantenimento comportamentale, invece, consistono in comportamenti che, impedendo alla persona di comprendere l’erroneità delle sue convinzioni, hanno l’effetto di rinforzare le sue paure e, quindi, di determinare un aggravamento del problema. Per riprendere l’esempio precedente, una persona che risponde alla sua paura del giudizio evitando tutte le situazioni sociali in cui considera questa eventualità come probabile, si priva della possibilità di comprendere quanto le sue previsioni sul fallimento delle sue interazioni siano in realtà esageratamente catastrofiche e, pertanto, poco attinentialla realtà. Come conseguenza, questa persona sarà portata ad avere sempre più paura dei contesti relazionali e a considerare l’evitamento come l’unica strategia possibile. In genere, tutti i comportamenti di evitamento sono considerati fattori di mantenimento di tipo comportamentale.
Gli studi condotti dalla comunità scientifica internazionale per verificare l’efficacia della psicoterapia cognitivo-comportamentale ne confermano la sua validità, eleggendo questo tipo di approccio come trattamento d’elezione per la maggior parte dei disturbi psicopatologici.